Sogno di una Notte di Mezza Estate

di William Shakespeare

«Sii pronta a piegare le tue voglie al volere di tuo padre; altrimenti la legge di Atene ti consegnerà alla morte, o a un voto di casta solitudine»

Di notte, in una surreale foresta nei pressi di un’Atene che ben poco ha di classico, le due famose coppie di amanti si inseguono per coronare i propri desideri d’amore. Ermia e Lisandro vi capitano fuggiaschi, lei desidera infatti scappare dalla città in cui suo padre e il duca Teseo la vorrebbero sposa di D emetrio; quest’ultimo si inoltra così nel bosco all’inseguimento dell’amata, a sua volta incalzato da Elena che lo ama non ricambiata.

«Nobilissimi signori, non vi stupisca il dramma, stupite, sì, ma in fondo capirete. Questi è Piramo, come vuol la tramma; la bella dama è Tisbe, e la vedete.»

Nel mentre, Peter Quince e la sua compagnia di artigiani sedicenti attori stanno allestendo una lamentevolissima commedia per il giorno delle nozze di Teseo e Ippolita e, in cerca di quiete, si recano in una radura per provare.

«Triste incontro al chiaro di luna, fiera Titania.»

Nella foresta però qualcuno è in ascolto, Oberon sta architettando con Puck una vendetta ai danni di Titania, sua moglie e regina delle fate, per punire un’offesa. Il re degli elfi pensa di utilizzare a questo scopo un fiore magico, il cui succo, versato sugli occhi di un dormiente, è in grado di farlo innamorare della prima creatura che veda al suo risveglio.

Le vicende e i rapporti delle coppie e della compagnia finiscono per intrecciarsi fra loro, costantemente rimodellati e trasfigurati dal potere della magia e dalle confusioni di Puck, il quale non cerca di rimediare goffamente alla cascata di errori, in un crescendo di equivoci ed inseguimenti.

La mattina seguente i personaggi si risvegliano, vittime inconsapevoli della notte e degli inganni del bosco che, con la luce dell’alba, sbiadiscono come lontani ricordi, come in un sogno.

Chiunque porti in scena Shakespeare rischia di rimanere vittima di un certo “stile Shakespeariano”, con ingombranti gorgiere e pentametri giambici declamati a piena voce. A volte si tenta di ricrearlo, altre volte si opta per una smentita ad effetto, scegliendo un’ambientazione antitetica rispetto all’originale nell’ostinato tentativo di proporre qualcosa che non sia già visto.

Nell’approcciarci al Sogno abbiamo invece scelto una terza via: ripartire dal testo, provando a leggerlo con occhi nuovi, come se fosse stato scritto ieri. Abbiamo così ritrovato una storia viva, tre vicende che si intrecciano con cadenza cinematografica e personaggi caratterizzati con precisione e ironia. Se si tenta di racchiudere tutto questo in un determinato contesto, si finisce per limitarlo.

Per questo, la nostra sfida non è quella di cercare a tutti i costi una rilettura originale. La nostra sfida è ritrovare una lettura sincera ed efficace. Significa cercare compulsivamente il sottotesto dietro ogni battuta e tentare poi di trasferirlo nel modo più immediato possibile. Significa costruire una messinscena che evochi spazi ed emozioni ma non li limiti in una contestualizzazione puntuale. Significa togliere Shakespeare dal piedistallo e accorgersi che il suo linguaggio potrà sembrare antico ma ciò che ci racconta è immediato e vitale.

Dopo tanti autori contemporanei, ci confrontiamo ora con Shakespeare. Per noi significa alzare il coefficiente di difficoltà, ma non cambia il nostro modo di pensare il teatro.